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Inibitori di PDE5 e rischio di melanoma
Pubblicata il 28/11/2016
Nel suo report FAERS di marzo-giugno 2016, la FDA segnala che sta valutando la necessità di azioni regolatorie per l'uso di farmaci a base di inibitori delle fosfodiesterasi di tipo 5 (PDEI) quali sildenafil citrato, tadalafil, vardenafil idrocloruro, avanafil, per il possibile rischio di melanomi cutanei (vedi qui).
Da alcuni anni è stata avanzata l'ipotesi che l'uso di farmaci a base di PDEI sia associato ad un aumentato rischio di melanoma. Le PDE5, bersaglio dei farmaci ampiamente usati per curare disfunzioni erettili, prendono parte ad una importante via di segnalazione cellulare (RAS-RAF-MEK-ERK), implicata nello sviluppo del melanoma maligno. Uno studio del 2011 osservava che mutazioni nel gene BRAF inibivano PDE5 aumentando l'invasività delle cellule di melanoma. Queste preoccupanti osservazioni hanno alimentato il dubbio che farmaci PDEI potessero promuovere lo sviluppo di melanomi maligni, utilizzando lo stesso meccanismo (1).
Un primo lavoro ha analizzato i dati di un ampio studio di popolazione in corso dal 1986, denominato HPSF (Health Professionals' Follow-up Study) a cui partecipavano 51.529 operatori sanitari maschi. All'interno di questa popolazione erano considerati tutti quelli che facevano uso di farmaci a base di inibitori di PDE5 per il trattamento delle disfunzioni erettili. Ad un totale di 14.912 uomini furono inviati questionari relativi all'incidenza di tumori cutanei, quali melanona, carcinoma squamocellulare e carcinoma basocellulare. Furono identificati 79 casi di melanoma, 305 SCC e 1720 BCC nel periodo di follow-up, dal 2000 al 2010. L'analisi dei dati evidenziò una significativa associazione tra uso di PDEI e aumentato rischio di melanoma, mentre sia per SCC che per BCC non era osservato alcun aumento di rischio. I risultati furono pubblicati nel 2014 dalla rivista JAMA Internal Medicine (2).
In seguito nuovi studi hanno cercato di analizzare questa possibile associazione utilizzando registri nazionali sanitari:
Uno studio del 2015, condotto in Svezia, ha usato dati derivanti dallo Swedish Prescribed Drug Register, dallo Swedish Melanoma Register e da altri registri nazionali cercando di trovare una associazione tra il numero di prescrizioni di PDEI ed il rischio di melanoma. Su 4065 casi di melanoma, 435 uomini avevano avuto prescrizioni per PDEI e così 1713 uomini su 20.325 controlli. Il rischio calcolato negli uomini che facevano uso di PDEI risultava notevolmente alto, soprattutto tra coloro che avevano avuto una sola prescrizione del farmaco, mentre non risultava significativo tra coloro che avevano avuto prescrizioni multiple. L'uso di PDEI era associato a melanoma di stadio 0 e 1, mentre non risultava associato a melanoma di stadio II a IV. Il rischio risultava uguale per differenti farmaci a base di PDEI. Inoltre si osservava anche un aumentato rischio di carcinoma basocellulare. Tra gli altri fattori associati vi erano anche un elevato livello di istruzione e di reddito. Secondo gli autori però l'associazione tra uso dei farmaci e melanoma non sarebbe sicuramente causale ma ci sarebbero altri fattori possibili, quali ad esempio fattori collegati allo stile di vita dei partecipanti : ad esempio gli uomini osservati avrebbero avuto più possibilità, rispetto ai controlli, di andare in vacanza in località soleggiate e quindi subire danni cutanei da esposizione solare (3).
Due successivi studi condotti in Gran Bretagna hanno utilizzato dati derivanti dallo UK Clinical Practice Research Datalink, un registro nazionale di cure primarie. Nel primo erano inclusi 145.104 uomini con almeno una prescrizione di PDEI e 560.933 uomini come controlli: in totale erano osservati 1315 melanomi maligni e l'analisi dei dati evidenziava una debole associazione tra uso dei farmaci e rischio di melanoma. Una associazione simile era vista per carcinoma basocellulare e cheratosi, condizioni che non sono mai state correlate all'uso di PDEI. Gli autori spiegano la debole associazione come dovuta ad una maggiore esposizione al sole. Nel secondo studio, condotto utilizzando lo stesso registro UK CPRD, era considerata una coorte di uomini con diagnosi di disfunzione erettile tra il 1998 ed il 2014 e seguiti fino al 2015: 142.983 pazienti di cui 440 con diagnosi di melanoma durante il follow-up. Dal confronto con il gruppo di controllo che non faceva usava di PDEI, non risultava alcuna associazione con un aumentato rischio di melanoma. Il rischio aumentava in maniera significativa tra coloro che avevano ricevuto sette o più prescrizioni, al contrario nessuna associazione era vista con carcinoma basale e squamocellulare (4,5).
Nel 2016 la rivista BJC (British Journal of Cancer) ha pubblicato i risultati di due studi di popolazione (caso-controllo) condotti usando le registrazioni elettroniche del Danish Nationwide Health Registries (DNHR) e del Kaiser Permanente Northern California (KPNC). In totale più di 10.000 casi di melanoma con diagnosi istologica furono inclusi e, all'interno di ogni studio di popolazione, ogni caso era confrontato con 10 controlli (uomini della stessa età liberi da cancro). Era studiata l'associazione tra uso di inibitori di PDE5 e melanoma giungendo alla conclusione che esisteva una debole associazione causale tra uso di PDEI e rischio di melanoma (6).
Rispetto ai primi, gli studi più recenti rilevano associazioni più deboli tra uso degli inibitori di PDE5 e rischio di melanoma e tendono ad attribuire i casi osservati ad una maggiore attenzione alla cura della salute e quindi ad una precoce diagnosi della malattia, oppure alla maggiore possibilità di esporsi alle radiazioni solari durante le vacanze. Certamente la questione non è risolta e ulteriori studi potrebbero essere necessari, come dimostra anche l'attenzione della FDA al problema, mantenendo nel frattempo un alto livello di attenzione al possibile aumentato rischio di melanoma negli uomini che fanno uso di farmaci per curare disfunzione erettile.
In ogni caso è da sottolineare che una maggiore attenzione alla propria pelle può aiutare a scoprire prima possibili melanomi e quindi favorire la loro cura.
A tale proposito il Centro Studi GISED ha attivato sul proprio sito il servizio di teledermatologia Clicca il neo, attraverso il quale è possibile inviare foto di lesioni sospette ed avere una prima valutazione delle stesse da esperti dermatologi.
A cura della Redazione scientifica.
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Pubblicata il 28/11/2016
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