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Dermatologia d'urgenza
Pubblicata il 29/5/2019
Si ha sempre l'idea che la dermatologia sia una branca della medicina "tranquilla" dove non esistono casi che potrebbero essere descritti in un episodio di ER -Medici in prima linea. Ma è proprio così?
Un gruppo formato da dermatologi e patologi ha raccolto in un articolo pubblicato dalla rivista Arch Patol Lab Med informazioni dalla letteratura e opinioni di esperti al fine di creare una sorta di manuale pratico per gestire le urgenze e le emergenze in dermatologia, rivolto soprattutto ai patologi.
Le condizioni più gravi e pericolose anche per la stessa sopravvivenza dei pazienti sono: infezioni fungine angioinvasive, SJS/TEN (Sindrome di Stevens-Johnson/Necrolisi Epidermica Tossica), SSSS (Sindrome da stafilococco della cute ustionata), aGVHD (malattia da rigetto del trapianto), BP (pemfigoide bolloso), calcifilassi, sindrome di Sweet e sua variante istiocitoide, PG (pioderma gangrenoso) e LCV (vasculite leucocitoclastica).
Per ognuna di queste malattie gli autori danno suggerimenti diagnostici ed evidenziano potenziali errori sottolineando che una pronta diagnosi istopatologica ed una migliorata comunicazione tra patologi e dermatologi possono migliorare la cura del paziente (1).
A cura della Redazione scientifica.
Attenti al video
Pubblicata il 29/5/2019
Sempre più spesso si cercano informazioni sulla salute in Internet: circa l'80% degli utenti del web e, in particolare, quelli con malattie croniche, utilizzano il web come fonte di notizie sulla propria malattia. Tra tutti i siti web spicca il canale di video online YouTube, che è al secondo posto nella classifica degli accessi e che ospita numerosi video con informazioni mediche.
Ma quanto ci possiamo fidare delle notizie che questi video trasmettono?
Un gruppo di ricercatori ha analizzato la qualità dei video che parlano di psoriasi, anche con l'intento di proporre strategie di miglioramento.
Cosa hanno fatto? Hanno considerato i 100 video sulla psoriasi più visti usando due scale di misura, DISCERN e GQS (Global Quality Scale), classificando i video come utili, ingannevoli e pericolosi e valutando anche come gli utenti stessi li valutavano.
I video analizzati avevano ricevuto un totale di oltre 117 milioni di visualizzazioni per una durata di oltre 10 ore. Ma cosa c'era in questi video? Nella maggior parte dei casi si trattava di racconti di esperienze personali di trattamento della psoriasi con metodi alternativi e complementari, trattamenti topici e diete e alimentazione.
Circa il 26% dei video erano chiaramente di genere commerciale, mentre quelli che riportavano informazioni derivate da evidenze scientifiche erano circa il 20%. Il 32% dei video erano classificati come utili, ben il 52% come ingannevoli e l'11% anche pericolosi.
E infine gli autori hanno trovato che gli "spettatori" erano più inclini a valutare in maniera positiva i video di qualità inferiore rispetto a quelli di qualità superiore: la maggioranza degli utenti non sembra in grado di valutare la qualità "scientifica" di quello che vede e ascolta.
Diventa quindi importante per i medici dermatologi e i ricercatori adottare strategie nuove per aumentare la propria presenza sui canali social come YouTube e migliorare la qualità dell'informazione sulla psoriasi e altre malattie dermatologiche.
YouTube raggiunge un numero elevato di persone, ed è cruciale per medici e scienziati essere più presenti su questo canale informativo per contrastare il flusso di informazioni ingannevoli o pericolose che, spesso, i malati di psoriasi e di altre malattie croniche tendono a seguire e a utilizzare.
Risulta inoltre utile assicurarsi che i video e i siti web che fanno informazione basata sull'evidenza scientifica appaiano nelle prime due pagine nei motori di ricerca, anche attraverso una politica di cooperazione tra le associazioni di dermatologi e pazienti e i fornitori dei motori di ricerca, in modo che le informazioni più accurate da un punto di vista medico raggiungano più facilmente posizioni favorevoli sulle pagine dei risultati di una ricerca (1).
A cura della Redazione scientifica.
Nanotecnologie in dermatologia
Pubblicata il 6/5/2019
Con il prefisso nano si fa riferimento a dimensioni piccolissime: 1 miliardesimo di metro (1nm = 10-9m). Per avere un’idea, un globulo rosso è largo circa 7000 nm, mentre 3-4 molecole di acqua corrispondono a 1 nm.
Il termine nanotecnologia è stato usato per la prima volta nel 1974 da Torio Taniguichi della Tokio Science University: “La nanotecnologia consiste nella lavorazione di separazione, consolidamento e deformazione di materiali delle dimensioni di un atomo o una molecola”.
In campo medico le nanotecnologie si applicano in differenti campi: analisi di immagini, teranostica (capacità di svolgere un’azione diagnostica e terapeutica), medicina rigenerativa e sviluppo di sistemi di trasporto di farmaci a livello di nanoscala per produrre nano-medicine, cioè farmaci con dimensioni variabile tra 1 e 100 nm.
Uno dei primi esempi di nanoterapia comprendeva sistemi lipidici come liposomi e micelle: nanostrutture che penetrano facilmente nei tessuti, favoriscono l’assorbimento dei farmaci da parte delle cellule, permettono un facile trasporto e assicurano l’azione mirata a livello locale. È possibile così trattare una malattia limitando gli effetti collaterali.
In campo dermatologico le nanotecnologie vengono studiate per superare problemi dovuti all’uso di farmaci tradizionali e di nuova generazione nella cura del melanoma, un tumore che, pur essendo relativamente raro, è spesso aggressivo e pericoloso per la vita.
Il trattamento più comune è quello chirurgico, in presenza di lesioni localizzate o metastasi solitarie. Farmaci chemioterapici comprendono dacarbazina, temozolide, paclitaxel e composti del platino: la risposta generale ad un singolo agente è circa del 20% con notevoli effetti collaterali e problemi di resistenza ai farmaci. E i nuovi farmaci mirati (es. ipilimumab, nivolumab, pembrolizumab, vemurafenib, dabrafinib, trametinib e cobimetinib), pur avendo determinato notevoli miglioramenti terapeutici, non funzionano in tutti i pazienti.
Le nanotecnologie applicate alla terapia del cancro hanno dato risultati incoraggianti. I nanofarmaci possono agire a livello cellulare sia direttamente che come “carrier” per farmaci e terapia genica: numerosi i nanofarmaci approvati dalla FDA e altri in studio per potenziale trattamento dei tumori.
Vediamo come le nanotecnologie possono essere usate nel trattamento del melanoma:
Le nanotecnologie mostrano grandi possibilità anche se molti nuovi agenti sono ancora in fase preclinica e pochi sono gli studi clinici già avviati su pazienti. Numerosi i problemi da risolvere per un loro uso nella pratica clinica e legati alla capacità di sviluppare nuovi nanomateriali compositi come nanotrasportatori caricati con farmaci, anticorpi e frammenti nucleotidici da utilizzare per trattamenti chemioterapici, immunoterapia e terapia genica (1).
A cura della Redazione scientifica.
#journalnews_23
Pubblicata il 6/5/2019
Brevi notizie dalle riviste scientifiche e dalla rete:
A cura della Redazione scientifica.