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Dermatosi paraneoplastiche
Pubblicata il 27/5/2009
Le dermatosi paraneoplastiche sono disordini cutanei fortemente correlati alla presenza di una neoplasia. Un segnale che il corpo invia per avvisare che qualcosa sta succedendo al suo interno, un importante marcatore di un potenziale processo neoplastico (1).
Per stabilire una associazione tra disordine cutaneo e neoplasia occorre che vengano rispettati alcuni dei cosiddetti postulati di Curth (*):
Il coinvolgimento cutaneo può essere diretto o indiretto. Nel primo caso siamo in presenza di cellule tumorali nella pelle. Nel secondo caso invece le manifestazioni cutanee sono una conseguenza indiretta della presenza di un tumore maligno dovute a modificazioni infiammatorie, proliferative, metaboliche e neoplastiche.
Questo gruppo di disordini comprendono sindromi ereditarie con manifestazioni cutanee ed elevata incidenza di neoplasie sistemiche, cambiamenti nella pelle dovuti a secrezioni di ormoni da parte dei tumori, ed una ampia serie di disordini infiammatori e proliferativi riscontrati i pazienti con tumori.
Una review appena pubblicata dalla rivista CA Cancer J Clin descrive le manifestazioni cliniche delle dermatosi paraneoplastiche, aggiunge notizie nuove riguardanti la patogenesi delle malattie e soprattutto fornisce consigli pratici sulla prevenzione e la diagnosi precoce di questi disordini. Si tratta di un aggiornamento di una review simile pubblicata però venti anni prima (2, 3).
Gli autori sottolineano l'importanza di riconoscere i segnali che la pelle invia perché in molti casi indicano una predisposizione individuale al cancro oppure la presenza latente di una neoplasia interna.
(*) Helene Ollendorff Curth . Dermatologa di origine austriaca (1899-1982), svolse la sua attività in America dove si trasferì per sfuggire alle persecuzioni razziali. È nota per lo studio di alcune sindromi e per aver introdotto il concetto di una correlazione tra disordini cutanei e la presenza di neoplasie (4).
A cura della Redazione scientifica.
Il pericolo di essere bianchi
Pubblicata il 15/5/2009
L'albinismo oculocutaneo (OCA) è una condizione ereditaria, autosomica recessiva, che si manifesta con ipopigmentazione di pelle, capelli ed occhi, dovuta alla scarsa o nulla produzione di melanina nella pelle.
Si conoscono varie forme di albinismo con una prevalenza mondiale stimata di circa 1 persona su 17.000.
La forma più grave detta OCA1A presenta totale assenza di melanina prodotta, mentre nelle forme più lievi OCA1B, OCA2, OCA3 ed OCA4 persiste nel tempo una certa produzione di melanina.
Almeno 4 geni sono responsabili per i differenti tipi di OCA (TYR, OCA2, TYRP1 e MATP) e la maggior parte degli individui affetti sono portatori di due differenti mutazioni in uno dei geni.
Le manifestazioni cliniche comprendono, oltre a problemi oculari quali nistagmo, ipopigmentazione dell'iride, ipoplasia foveale, ridotta acuità visiva, etc., problemi cutanei con ipopigmentazione di pelle e capelli di grado variabile in relazione alla forma di albinismo prevalente nella popolazione.
OCA1 (1:40.000) è rara tra gli afro-americani
OCA2 (1:36.000 tra gli europei bianchi e 1:10.000 tra gli afro-americani) è la forma più comune tra gli africani neri (1:3900).
OCA3 è una forma comune in Africa (1:8500)
OCA4, l'ultima forma individuata è rara tra gli europei bianchi ma più diffusa tra i Giapponesi.
Gli individui con albinismo oculocutaneo non si abbronzano e si scottano facilmente. È necessario proteggere sempre la pelle con schermi solari adeguati (fattore di protezione almeno 15) o coprirsi in maniera adeguata considerando che anche le magliette di cotone, specie se bagnate, sono attraversate dai raggi UV. Inoltre l'incidenza di cancro cutaneo aumenta in pazienti con OCA (1).
Questo pone problemi di salute soprattutto nelle popolazioni africane, fortemente esposte alla luce del sole. In Africa gli individui con albinismo hanno capelli color sabbia, pelle pallida ed occhi marrone chiaro o azzurri con una forte suscettibilità agli effetti dannosi dei raggi UV (2).
Ma in Africa gli albini sono considerati anche portatori di sfortuna e di malattie oppure dotati di poteri sovrannaturali. Tali credenze favoriscono la discriminazione sociale e vere e proprie forme di persecuzione anche violenta nei confronti degli individui albini. Non mancano però tentativi tesi a combattere questo fenomeno. La rivista Africa riporta che il governo della Tanzania ha da poco nominato una donna albina tra i deputati del parlamento nazionale, un gesto simbolico e coraggioso per iniziare a risolvere un problema antico (3).
A cura della Redazione scientifica.
Tossicità cutanee ed inibitori di EGFR
Pubblicata il 7/5/2009
Il recettore di EGF (EGFR = Epidermal Growth Factor Receptor) si è rivelato un importante bersaglio terapeutico nella cura del cancro.
Anticorpi monoclonali ed inibitori specifici capaci di interferire con l'attivazione mediata da ligando di EGFR e con la trasduzione del segnale mediata da EGFR possono migliorare la sopravvivenza in pazienti con cancro del polmone, del pancreas e colon retto.
Il loro uso determina meno effetti collaterali sistemici rispetto ai tradizionali chemioterapici ma nello stesso tempo presenta effetti avversi specifici, evidenti in tessuti come la pelle, il cui funzionamento è associato all'espressione del recettore di EGF.
I pazienti trattati con inibitori di EGFR possono sviluppare rash cutaneo simile ad acne, anormalità nella crescita dei peli (capelli e ciglia), secchezza e prurito della pelle, ed infiammazione della zona intorno alle unghie (1).
Spesso questi effetti collaterali sono leggeri e di facile gestione ma nei casi più gravi possono determinare una precoce interruzione del trattamento.
Differenti studi pubblicati hanno proposto alcune strategie terapeutiche per una migliore gestione degli eventi avversi dermatologici dovuti agli inibitori di EGFR.
Gli autori consigliano di idratare la pelle applicando una crema leggera almeno due volte al giorno, evitando l'esposizione al sole o usando una crema solare.
In presenza di sintomi dermatologici è necessario valutare la gravità delle reazioni. In presenza di sintomi leggeri o moderati è possibile evitare trattamenti o usare creme cortisoniche e/o antibiotiche, in caso di sintomi gravi è opportuno continuare i trattamenti topici e ridurre la dose di inibitore di EGFR e, se necessario, interromperne la somministrazione.
L'applicazione di farmaci topici dovrebbe continuare almeno per 7 giorni successivi ad una eventuale fine del trattamento (2, 3).
Come è stato evidenziato anche alla 14th Annual Conference del NCCN da un gruppo di lavoro appositamente creato, pur nella relativa scarsità di dati disponibili, esiste una significativa associazione tra esito del trattamento con inibitori di EGFR e gravità della reazione cutanea. È importante perciò cercare di trattare i sintomi senza interrompere le terapie, se possibile (4).
A cura della Redazione scientifica.
Medscape Medical News, 17-03-2009.