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L'Evidence Based Medicine è anche una gloria italiana
Pubblicata il 24/11/2008
La dottrina medica nel suo complesso sembra oscillare da una parte fra la tradizione identificabile con le grandi e piccole intuizioni del passato remoto, i sacri testi dei grandi maestri e le esperienze del quotidiano, e dall'altra parte con un'esatta e rigorosa valutazione qualitativo-probabilistica delle componenti oggettivabili del processo morboso. In linea pratica, entrambi gli aspetti possono utilmente fondersi nell'espletamento di un corretto esercizio professionale (1).
La prima tradizionale forma è senz'altro molto soggettiva, anche se sicuramente valida ed autorevole ed è variamente definita "narrative-based medicine" o più intimisticamente "medical humanities" (2,3).
La seconda, l'Evidence Based Medicine (EBM), ovvero la medicina basata sulle prove di efficacia, postula una verifica del'esercizio professionale mediante rigorose verifiche scientifiche e quindi una vera e propria ricerca clinica volta ad allontanare dubbi ed errori nello svolgimento dell'attività medica (4).
Alla luce di ciò il comportamento ottimale è quello di:
Per un approfondimento del problema ed in particolare per quanto concerne l'esecuzione di un corretto quesito clinico, la valutazione dei rischi e benefici della EBM, i disegni abitualmente impiegati nella ricerca clinica, gli esperimenti clinici, la sicurezza degli interventi ecc. si rimanda al trattato di Naldi L. e Rebora A. "Dermatologia basata sulle prove di efficacia", opera particolarmente completa e rigorosamente aggiornata con amplia bibliografia completa di siti internet riguardanti le tematiche in oggetto (5).
Queste recenti acquisizioni non sono scaturite dal nulla (1,6). Sicuramente sono l'evoluzione di un percorso intellettuale e pratico che forse affonda le sue radici in tempi lontani con il concorso di varie intuizioni ed esperienze e per merito di tanti personaggi anche oscuri o comunque non ancora perfettamente individuati e capiti.
A questo proposito è particolarmente significativo il caso di un danese, tale Niels Stensen, studioso di scienze naturali, emigrante ante litteram in vari Paesi europei con destinazione finale in Italia. A Firenze, che lui stesso definì "la mia vera patria" divenne archiatra dell'illuminato sovrano Ferdinando II De Medici ed in seguito anche di Cosimo III.
Italianizzato con il nome di Niccolò Stenone, divenne presto una grande autorità scientifica: tutti certamente lo ricordano come lo scopritore dell'omonimo dotto che collega la parotide con il cavo orale, e che fu da lui stesso presentato alla comunità scientifica dell'epoca con la brillante "disputatio anatomica de glandulis ori" (7).
L'insigne anatomico, lavorando attivamente nel suo laboratorio scientifico dell'ospedale di Santa Maria Novella, portò a termine molte altre ricerche e scoperte ed in particolare partecipò attivamente alla costituzione dell'"Accademia del Cimento", gloriosa istituzione voluta e realizzata dal suo mecenate Ferdinando II.
Motivo fondante della prestigiosa Accademia era la "ricerca della verità mediante l'esperimento": per raggiungere un tale ambizioso obiettivo si doveva necessariamente e prioritariamente verificare e confutare numerosi errori del passato e quindi riconoscere e valutare unicamente le esperienze derivanti dal "cimento" ossia dall'esperienza e dalla verifica sperimentale.
Non a caso il significativo motto dell'Accademia del Cimento era quel conciso "provando e riprovando" che già di per sé definisce sinteticamente e brillantemente il percorso indispensabile per giungere alla identificazione dell'esatta verità scientifica.
In pratica il principio basilare di quella EBM che oggi costituisce il vero traguardo della medicina mondiale.
Luigi Valenzano (Primario dermatologo IRCCS S.Gallicano-Roma)