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Omeopatia e dermatologia
Pubblicata il 15/2/2013
Un po' di storia
L'omeopatia nasce alla fine del XVII secolo ad opera di un medico tedesco, Samuele Hanheman. Uomo di grande cultura, Samuele Hanheman abbandonò la professione medica dopo essersi reso conto che le scarse conoscenze e le terapie del tempo spesso provocavano gravi danni nei pazienti curati dai medici. Nel 1790 iniziò ad osservare che somministrando sostanze curative in un soggetto sano comparivano i sintomi della malattia che le sostanze dovevano curare. A questo punto ribaltò il ragionamento e arrivò ad elaborare un principio che recitava: "Una serie di sintomi si può curare con la sostanza che li produrebbe in una persona sana." Nel caso di sostanze davvero pericolose come l'arsenico l'uso diretto poteva però essere molto pericoloso per cui fu necessario diluirle. Hanheman ipotizzò quindi che una diluizione dei suoi rimedi poteva migliorarne l'effetto, riducendone gli effetti collaterali. L'idea finale era che se una sostanza provocava un danno poteva anche guarirlo, ma in piccole dosi.
A ciò si aggiunse la convinzione che le sostanze, oltre che diluite, dovessero essere anche sottoposte a scuotimento o succussione in un processo totale che prese il nome di dinamizzazione.
Fece in seguito altri esperimenti somministrando vari rimedi a persone sane e registrando gli eventuali sintomi osservati: da queste osservazioni derivò la convinzione che lo stesso rimedio dato ad un malato avrebbe curato gli stessi sintomi.
Il termine Omeopatia cioè sofferenza simile fu utilizzato per la prima volta nel 1807 e nel 1818 fu pubblicato il primo trattato sull'omeopatia detto Organo dell'arte medica, seguito da Materia medica pura, sei volumi che descrivevano 67 rimedi omeopatici ed i sintomi che guarivano.
Il primo ospedale omeopatico fu aperto a Lipsia nel 1883. L'omeopatia divenne molto di moda conoscendo un grande successo dovuto anche in parte all'incapacità della medicina convenzionale di curare in maniera efficace. Con l'affermarsi di una medicina scientifica basata sempre più sull'uso delle sperimentazioni cliniche, con la scoperta delle vaccinazioni e la comprensione che molte malattie sono causate da agenti batterici o virali, l'omeopatia non si dimostrò capace di vantare analoghi successi ed il suo uso iniziò a declinare finchè anche l'insegnamento dell'omeopatia venne abolito dalle facoltà di Medicina.
Negli anni 20 del secolo scorso l'omeopatia conobbe una ripresa e fu studiata ed utilizzata in Germania all'interno di un programma sanitario che cercava di combinare la medicina tradizionale e la medicina moderna tedesca. Una sperimentazione clinica molto ampia fu avviata ma l'esito della ricerca non potè essere pubblicato per lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. I risultati non furono resi noti ma in un rapporto dettagliato il dottor Fritz Donner, collaboratore del progetto, affermò che nessuno dei trial forniva prove favorevoli alle terapie omeopatiche.
A differenza della medicina "scientifica" che è andata progressivamente trasformandosi dai tempi di Hanheman, l'omeopatia non sembra essere molto cambiata. I rimedi utilizzati possono derivare da piante, animali, materiale patologico (batteri, pus, vomito, tumori, feci, verruche) ed altre fonti che includono fenomeni immateriali (raggi X e campi magnetici). I principi attivi vengono diluiti in maniera estrema secondo la teoria che la diluizione aumenta la potenza del prodotto.
Qualche notizia utile
Le diluizioni
L'omeopatia non può essere confusa con la fitoterapia, infatti anche nei casi in cui alla base del rimedio ci sia una sostanza di origine vegetale, essa alla fine risulterà fortemente diluita rispetto alla tintura madre iniziale secondo il principio che "soluzioni meno concentrate forniscono rimedi più efficaci". Le soluzioni diluite possono essere date direttamente al paziente oppure depositate su granuli di zucchero, vere compresse omeopatiche.
È importante capire l'entità delle diluizioni dei rimedi omeopatici: le diluizioni successive possono essere di un fattore dieci alla volta (1X) oppure anche di un fattore cento (1C) alla volta. Esistono preparati con diluizioni variabili da 1X a 30C ed oltre: una soluzione 30C sarà talmente diluita da non avere alcuna molecola di sostanza iniziale, in pratica "un grammo di sostanza iniziale finisce diluito in un volume pari a 714 milioni di miliardi di volte quello del Sole".
La memoria dell'acqua
Ma se le soluzioni sono talmente diluite da non contenere altro che acqua come spiegare il loro meccanismo di azione? Gli omeopati affermano che l'acqua venuta a contatto con le molecole delle varie sostanze disciolte sarebbe in grado di ricordare le sostanze stesse, mantenendo quindi le loro proprietà curative. A proposito la stessa rivista Nature nel 1988 aveva pubblicato, pur con qualche perplessità, un articolo che riportava dati sperimentali relativi alla capacità di una soluzione acquosa di anticorpi anti-IGE con diluizione 10^(-120) (!) di mantenere il proprio effetto quando messa a contatto con granulociti basofili determinando degranulazione degli stessi. In effetti in seguito nessuno è stato in grado di riprodurre gli esperimenti descritti e la rivista Nature è stata costretta a pubblicare un editoriale dal titolo: "High dilutions experiments: a delusion".
La dermatologia omeopatica
Ma vediamo come e se questi rimedi, venduti adesso in tantissime farmacie e prescritti da medici anche in Italia, possono funzionare in presenza di malattie dermatologiche.
Il loro crescente uso da parte di pazienti non è accompagnato da un adeguato numero di pubblicazioni su riviste scientifiche, quindi sottoposte alla cosiddetta "peer review" cioè una revisione da parte di altri ricercatori.
Un recente articolo pubblicato sulla rivista British Journal of Dermatology ha esaminato la letteratura scientifica relativa a trial clinici controllati condotti negli ultimi 50 anni da Gennaio 1962 fino ad Aprile 2011 e riguardanti terapie omeopatiche per il trattamento di malattie dermatologiche. I dati sono stati ricavati da database online quali Medline, Pubmed, Current Contents, HomInform (Glasgow), testi specialistici e contatti con produttori omeopatici. Questi i risultati. In tutto gli autori hanno individuato 25 studi clinici controllati, di questi sono stati esclusi quelli con misura degli effetti non riproducibile, quelli che usavano erbe invece di prodotti omeopatici, e i report duplicati.
Sono rimasti 12 studi clinici così divisi:
Dermatite atopica: 3 studi clinici.
Ulcere gambe: 1 studio clinico.
Afte: 1 studio clinico.
Dermatite da radiazioni: 1 studio clinico.
Candidiasi vulvovaginale recidiva: 1 studio clinico.
Dermatite seborroica: 1 studio clinico.
Prurito uremico: 1 studio clinico.
Verruche: 3 studi clinici.
In conclusione gli autori affermano che, pur essendo le terapie omeopatiche sempre più usate, sono pochi gli studi controllati che ne accertino l'efficacia e per alcune condizioni (es. psoriasi e mollusco contagioso) mancano completamente.
La scarsità di tali studi e la mancanza di dati omogenei rende anche difficile la raccolta e l'analisi dei risultati. In generale l'evidenza prevalente è che questi rimedi si comportino allo stesso modo dei placebo di controllo. In alcuni casi sembrano essere superiori ma solo in alcuni punti intermedi. Gli studi risultano di scarsa qualità, spesso la randomizzazione non è descritta o poco chiara.
Gli autori individuano comunque un aspetto positivo nell'uso delle terapie omeopatiche: i pazienti si rivolgono agli omeopati perchè sentono di ricevere più attenzioni e più aiuto da un punto di vista umano e sentono di partecipare in maniera più attiva al processo di guarigione.
Le terapie omeopatiche non sembrano, almeno dagli studi esaminati, essere efficaci in campo dermatologico: non c'è evidenza di una loro superiorità nei confronti del placebo o altri interventi di controllo. Per arrivare a conclusioni più sicure sarebbero comunque necessari studi su larga scala e replicati in maniera indipendente.
Altri studi
Non sono numerosi gli articoli pubblicati su Pubmed relativi a trattamenti omeopatici di condizioni dermatologiche. Molti di questi descrivono casi singoli o studi piccoli difficilmente generalizzabili. Un articolo del 1999 descrive una serie di malattie dermatologiche per cui venivano riportati risultati positivi dall'uso di rimedi omeopatici: dermatite seborroica, acne, cheratosi attinica, herpes, verruche e varicella. L'autrice segnala che si tratta di "case report" che utilizzano spesso trattamenti per via sistemica e raramente per via topica. Inoltre le prescrizioni tengono anche conto delle caratteristiche personali oltre che del tipo di malattia. Se per un medico è difficile spesso comprendere le ragioni dell'uso di questi rimedi è comunque importante essere consapevoli che i pazienti ricorrono a queste terapie o vorrebbero farlo. Tra le ragioni non ultima la percezione che si tratta comunque di terapie prive di effetti collaterali dannosi.
Altri studi non hanno invece dimostrato effetti benefici ad esempio nel trattamento di verruche o nella prevenzione di ematomi dopo la rimozione chirurgica della vena safena.
Uno studio pubblicato nel 2012 sulla rivista British Journal of Dermatology analizza gli studi clinici controllati relativi ai trattamenti omeopatici per l'eczema. L'autore dello studio, il dr. E. Ernst, è un medico che per molti anni ha praticato l'omeopatia e che studia le terapie alternative utilizzando i metodi dell'evidence based medicine. L'articolo individua 3 studi clinici idonei: uno randomizzato e due non randomizzati giungendo alla conclusione che gli studi erano metodologicamente deboli e che nessuno dimostrava l'efficacia dell'omeopatia. Gli stessi studi clinici erano stati esaminati nell'articolo del 2011 riportato prima, simili le conclusioni.
La rivista The Lancet ha pubblicato nel 2005 uno studio per capire se gli effetti clinici dell'omeopatia possono rientrare nel cosiddetto effetto placebo. Gli autori hanno confrontato studi clinici omeopatici e convenzionali placebo-controllati, analizzando i possibili errori derivanti da metodi inadeguati e pubblicazioni selettive. Nella maggior parte dei casi gli autori giungono alla conclusione che gli effetti visibili utilizzando terapie omeopatiche sono compatibili con un effetto placebo, mentre in presenza di trattamenti convenzionali i benefici sono correlati a specifici effetti delle terapie utilizzate. L'articolo era accompagnato da un breve editoriale della rivista dal titolo significativo: The end of homeopathy.
Da considerare anche possibili problemi correlati all'uso di queste terapie alternative. Ad esempio la possibilità di peggioramenti dovuti all'interruzione delle terapie convenzionali, oppure all'uso di preparazioni contaminate da sostanze pericolose. In USA le preparazioni omeopatiche sono vendute come integratori alimentari e non soggette a regolazione e controllo da parte della FDA. In Italia invece dall'anno scorso i rimedi omeopatici dovranno essere registrati presso l'AIFA come veri e propri farmaci.
Al momento la medicina scientifica non trova evidenze certe di benefici nel trattamento omeopatico di condizioni dermatologiche, eppure il mercato della medicina omeopatica si allarga con fatturati che aumentano ogni anno. I farmaci omeopatici sono considerati innocui, privi di effetti collaterali, portatori di una "energia guaritrice", prescritti da terapeuti che trattano in maniera più umana il paziente, ascoltandolo e quindi rassicurandolo sul fatto di essere preso in cura in maniera completa. Il successo di una medicina basata su scarse evidenze scientifiche potrebbe essere spiegato, in parte, dalla richiesta avanzata sempre più dai pazienti di una medicina più umana e dalla confusa credenza che "omeopatico" sia simile a "naturale" e quindi meno nocivo dei farmaci tradizionali.
A cura della Redazione scientifica.
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