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Glutine e malattie della pelle

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Glutine e malattie della pelle


glutine e pelle
Con il termine glutine si indicano specifici complessi proteici costituiti a partire da proteine di riserva presenti in alcuni cereali quali frumento, orzo e segale. Le proteine del glutine sono molto ricche degli amminoacidi glutammina e prolina mentre sono bassi i contenuti di lisina, triptofano e metionina. Nel caso del frumento le proteine sono gliadina e glutenina e il glutine si forma durante la lavorazione meccanica delle farine, in presenza di acqua, per la preparazione di pane e pasta secca (vedi qui).

Abbiamo già incontrato questo termine nella sezione dedicata a "Psoriasi e alimentazione" dove veniva segnalata una possibile associazione tra psoriasi e celiachia, malattia che può essere definita come una
intolleranza permanente alle proteine del grano nella mucosa dell'intestino tenue in soggetti geneticamente suscettibili.

La celiachia (CD) si manifesta con caratteristiche lesioni a livello della mucosa dell'intestino tenue che rallentano l'assorbimento dei nutrienti determinando vari sintomi non solo a livello intestinale. Tra le manifestazioni extra-intestinali ci sono molte malattie mucocutanee.


Un po' di storia

Sembra che già nell'antichità fossero stati descritti casi di "intolleranza al glutine" o comunque di disordini correlati al consumo di alimenti derivati da cereali. La coltivazione del grano fece la sua comparsa nella cosiddetta mezzaluna fertile circa 10.000 anni fa. È possibile che la malattia celiaca si sia sviluppata con il passaggio da una società dedita alla caccia ad una società prevalentemente agricola. Il sito archeologico di Gobleki Tepe, venuto alla luce nel 1995 nel SudEst della Turchia, oltre ad essere un importante luogo di culto, è considerato "la culla dell'agricoltura" per l'alta concentrazione di forme selvatiche delle prime specie vegetali domesticate come frumento Einkorn ed Emmer, orzo ed altro. Studi sul DNA di queste piante primitive hanno evidenziato una chiara associazione con forme moderne di cereali che presentano un contenuto più alto di gliadina.

Fu Francis Adams, medico e traduttore di antichi testi greci, durante una conferenza nel 1856, a rendere noto che già il medico greco Areteus di Cappadocia nel secondo secolo a.C. utilizzava il termine "celiaco" (dal greco "
koiliakos" - addominale), per descrivere un caso di malattia celiaca con diarrea e malassorbimento. Recentemente un gruppo italiano ha scoperto un caso di probabile celiachia in uno scheletro trovato nel sito archeologico di Cosa (località nel sudest della Toscana) e risalente al primo secolo a.C.: oltre ad alcune caratteristiche fisiche dello scheletro, una successiva 'analisi del DNA delle ossa ha individuato polimorfismi genici associati a malattia celiaca.

Nel 1988 Samuel Gree, un medico di Londra, ha fornito la prima descrizione clinica di malattia celiaca in un un bambino ponendo l'accento sul possibile uso terapeutico della dieta: egli aveva notato un miglioramento con una dieta a base di mitili, seguito da ricomparsa dei sintomi quando la dieta era stata interrotta. In seguito furono provate altre diete: a base di banana, e diete prive di glutine. E nel 1954 furono descritti i cambiamenti patologici a livello dell'intestino tenue in campioni chirurgici da pazienti con steatorrea (vedi qui).


La malattia celiaca...

La malattia celiaca è un disordine ereditario dell'intestino tenue con sensibilità alla gliadina , una frazione proteica trovata in numerosi cereali come grano, orzo e segale, i cui sintomi principali sono diarrea, perdita di peso e cattivo assorbimento delle sostanze nutritive. Con lo sviluppo delle moderne tecniche di biopsia dell'intestino, l'intestino tenue è stato identificato come organo bersaglio. L'intestino nei casi di celiachia si presenta con villi appiattiti, iperplasia delle cripte e aumentati linfociti intraepiteliali: alterazioni che scompaiono dopo l'inizio di una dieta priva di glutine. Recenti studi di popolazione mostrano che la malattia è più diffusa di quanto si pensasse prima. Non tutti i pazienti con malattia celiaca hanno sintomi gravi e possono anche non mostrare sintomi.

La presentazione clinica della malattia può variare da un paziente all'altro determinando possibili ritardi nella diagnosi: in generale esiste una forma classica (tipica), una forma subclinica (atipica o mono-sintomatica), silente (asintomatica) e potenziale/latente celiachia.

Il trattamento principale consiste naturalmente nell'eliminazione dei cibi contenenti glutine, cosa non sempre semplice anche se esistono in commercio alimenti creati proprio per i celiaci e tutte le persone sensibili al glutine.



...e la pelle

Tra le manifestazioni extra intestinali della celiachia, quelle cutanee comprendono sintomi quali afte orali, glossite e stomatite dovute a carenze vitaminiche, e alopecia areata dovuta a un meccanismo immunologico.
Numerose sono le malattie mucocutanee correlate che sono state classificate in: malattie autoimmuni, malattie allergiche, malattie infiammatorie e malattie miste. Tutte queste possono essere classificate ancora in malattie associate con la celiachia, malattie migliorate da una dieta priva di glutine e quelle occasionalmente associate a celiachia (vedi qui).

Tra le
malattie autoimmuni l'unica per la quale sia stata dimostrata una associazione alla malattia celiaca è la Dermatite Erpetiforme (DH) che può presentarsi in circa il 10% dei pazienti celiaci.

Descritta per la prima volta nel 1983 da Louis Duhring ha una prevalenza stimata di 1.2 a 39.2 per 100.000 ed una incidenza di 0.4 a 2.6 per 100.000 per anno. Colpisce in misura maggiore i maschi a differenza della celiachia che invece colpisce soprattutto le femmine. L' età media di insorgenza è tra i 30 e i 40 anni.

Le lesioni da DH presentano eritema, placche ponfoidi, vescicole raggruppate e bolle associate a intenso prurito e quidi seguite da erosioni, escoriazioni e iperpigmentazione. Le lesioni sono simmetriche sulle superfici estensorie delle estremità superiori e inferiori, gomiti, ginocchia, scalpo, nuca e natiche. A volte anche su viso e inguine. Raramente si osserva in persone con le pelle scura.

Ad oggi la terapia di prima linea è una dieta priva di glutine che deve essere continuata anche dopo la scomparsa dei sintomi. In genere sono necessari vari mesi di trattamento per riuscire a controllare la malattia. Oltre alla eliminazione del glutine dall'alimentazione è possibile associare trattamenti farmacologici sintomatologici quali dapsone, sulfalazina, corticosteroidi topici e antistaminici (vedi qui).

Altre malattie autoimmuni che migliorano in seguito a dieta priva di glutine sono: alopecia areata e vasculite cutanea.

Alopecia areata: malattia autoimmune che si presenta con perdita di capelli soprattutto nei maschi anche se in alcuni studi viene mostrata una presenza simile sia nei maschi che nelle femmine. La malattia si presenta in genere tra la terza e la quarta decade di vita. La prima descrizione di una associazione tra alopecia e CD è del 1995 con una prevalenza stimata di CD nei pazienti con Alopecia Areata di 1 su 85. Ma in generale secondo altre stime la prevalenza di CD è di 1 su 305 e quella di AA di 1 su 819. Anche se durante il corso della malattia sono frequenti remissioni e ricadute, una dieta priva di glutine può migliorare la ricrescita dei capelli nei soggetti con malattia celiaca. Questo miglioramento sarebbe dovuto a normalizzazione della risposta immune.

Vasculite cutanea: si definisce vasculite una infiammazione diretta ai vasi sanguigni che determina danno con conseguenti eventi emorragici o ischemici. La pelle è l'organo più coinvolto e le manifestazioni cliniche includono: orticaria, eritema, petecchie, porpora, papule, vescicole emorragiche e bolle, noduli, ulcere, livedo racemosa, cancrena digitale. Le vasculiti possono essere classificate in vasculiti primarie, secondarie e incidentali. In letteratura sono riportati casi sporadici di associazione tra vasculite cutanea (CV) e CD. Una delle cause che possono correlare le vasculiti con la celiachia potrebbe essere l'aumentata permeabilità intestinale che permette il passaggio di antigeni e la formazione di immunocomplessi circolanti che vengono depositati nella pelle. Il trattamento delle vasculiti (es. vasculite leucocitoclastica) è spesso difficile e comporta l'uso di corticosteroidi. Sembra che anche l'adozione di una dieta priva di glutine possa avere effetti positivi.

Associazione fortuita con malattia celiaca è osservata in alcuni casi rari di altre malattie autoimmuni quali dermatosi IgA lineare, dermatomiosite, vitiligine, lupus eritematoso e lichen sclerosus.

Tra le
malattie allergiche miglioramento da dieta priva di glutine è stato segnalato in casi di orticaria e dermatite atopica.

Orticaria: è un disordine comune che puo' presentarsi in circa il 15-25% degli individui ed è caratterizzato da lesioni ricorrenti, edematose dal rosa al rosso, prurito. In genere può essere Orticaria Acuta o Cronica. La prima può essere facilmente gestita, mentre la forma cronica è spesso associata a diminuita qualità della vita. Una prima segnalazione di correlazione tra orticaria cronica e malattia celiaca è del 1987 anche se il dibattito è ancora aperto. Al momento esistono tre studi epidemiologici:

  • uno del 2005 valutava la prevalenza di CD in una popolazione di adulti con orticaria acuta idiopatica rispetto ai controlli sani. Partecipavano allo studio 80 pazienti sani e 264 donatori di sangue come controlli sani. Solo uno sugli 80 pazienti con orticaria presentava marcatori sierologici di CD e analisi istologica positiva per atrofia villosa. Così un controllo aveva CD. Secondo questo studio i pazienti con orticaria cronica non presentavano un rischio più alto di CD rispetto ai controlli (vedi qui);
  • il secondo del 2012, studiava l'associazione tra orticaria cronica, malattie autoimmuni e marcatori sierologici autoimmuni/infiammatori in una larga popolazioni non selezionata. Tra le malattie considerate vi era la malattia celiaca. Dati su una ampia popolazione di 12778 pazienti con diagnosi di orticaria cronica sono stati raccolti per 17 anni in Israele. Lo stesso era fatto per una popolazione di controllo di 10174 pazienti. In conclusione avere l'orticaria cronica determinava un aumento del rischio relativo per numerose malattie autoimmuni. Le donne con CU avevano più alta incidenza di malattie come artire reumatoide, sindrome di Sjogren, malattia celiaca, diabete mellito di tipo I e lupus eritematoso sistemico (vedi qui);
  • il terzo studio del 2013 è un ampio studio di popolazione che esamina l'associazione tra CD e orticaria. 28.900 pazienti con CD verificata da biopsia erano confrontati con 143397 controlli in riferimento al rischio di orticaria e orticaria cronica. L'analisi dei risultati suggeriva che la CD è associata ad orticaria, in particolare a orticaria cronica (vedi qui).


In conclusione, pur non essendo disponibili meta-analisi, in alcuni casi adottare una dieta priva di glutine ha mostrato efficacia nel controllare lesioni cutanee suggerendo che l'orticaria potrebbe essere una delle manifestazioni cutanee della CD.

Dermatite Atopica: abbiamo già trattato questa malattia dal punto di vista dell'alimentazione senza però soffermarci su un possibile collegamento con il glutine e/o la malattia celiaca.

Secondo alcuni studi i disordini atopici sarebbero più frequenti nei bambini e adulti con CD rispetto ai controlli normali. Secondo uno studio italiano del 2000 la prevalenza di CD nella popolazione italiana di pazienti atopici era dell'1%, più elevata che nella popolazione generale. Nel 2004 un altro studio mostrava che la dermatite atopica era 3 volte più frequente in pazienti con CD e due volte più frequente nei loro parenti rispetto ai controlli. Non ci sono però dati sull'efficacia di una dieta priva di glutine in pazienti atopici con CD nel lungo periodo.

Un articolo recente mostra come i pazienti con AD tendono a modificare la propria alimentazione, spesso senza consultarsi con il medico, ma inserendo o eliminando alimenti che essi ritengono potenzialmente utili o dannosi. Uno studio ha cercato di raccogliere e analizzare i risultati riportati da 169 pazienti con AD che hanno modificato in qualche modo la propria alimentazione, evidenziando che, tra i fattori alimentari considerati dannosi, dopo i latticini c'era il glutine (31 pazienti, 18.3%) e che molti evitavano o riducevano alcune categorie alimentari, in particolare il glutine (72 pazienti, 49%). Tra tutti i partecipanti, 63 seguivano diete particolari e di queste la più seguita era una dieta priva di glutine (25 pazienti, 39.7%). E di questi 25 pazienti, 13 (il 72.2%) riportavano di aver avuto un miglioramento dopo aver adottato questo regime alimentare. Si tratta certo di uno studio non generalizzabile ma che evidenzia quanta importanza sia data all'alimentazione dai pazienti e come sia necessario che il medico discuta di questi aspetti con i propri pazienti, per dare consigli giusti ed evitare scelte autonome sbagliate (vedi qui).

Come
malattie infiammatorie che mostrano miglioramento da una dieta priva di glutine possiamo indicare la psoriasi (di cui abbiamo già parlato) e la stomatite ulcerativa cronica della mucosa orale. Mentre associazione fortuita è descritta in casi di eritema migratorio necrolitico, amiloidosi cutanea, eritema annulare, lipodistrofia parziale, cute lassa generalizzata acquisita, ittiosi, leuconichia trasversa.


Trattamenti alternativi in studio

L'eliminazione totale del glutine dalla dieta risulta spesso complicata, le diete con alimenti privi di glutine sono costose e non sempre disponibili, inoltre spesso è difficile una completa aderenza alle stesse.

Ecco alcuni potenziali trattamenti alternativi (vedi qui):

  • ridotta esposizione al glutine attraverso l'uso di grani geneticamente modificati con basso contenuto di componenti immunogeniche;
  • uso di sostanze in grado di sequestrare il glutine nel lume intestinale riducendo così l'esposizione dell'epitelio e limitando i suoi effetti. Uno di questi leganti potrebbe essere l'idrossietilmetacrilato-co-stirene sulfonato, un copolimero che, formando un complesso con la gliadina, ha mostrato in vitro e in un modello murino di ridurne la tossicità intestinale;
  • un altro approccio coinvolge una "pre-digestione" del glutine utilizzando delle propilendopeptidasi di origine vegetale e batterica. Le proteine sono prima idrolizzate da pepsina gastrica e proteasi pancreatiche, in seguito i peptidi risultanti sono idrolizzati in aminoacidi, dipeptidi e tripeptidi che vanno nel sistema venoso portale. I peptidi contenenti prolina e glutammina nel glutine sono però resistenti alla digestione enzimatica e vengono digeriti parzialmente. Si pensa che siano questi peptidi a indurre una risposta immune in individui predisposti determinando così la malattia celiaca. L'uso di pepdidasi derivate da piante o da microganismi (es. Aspergillus niger) permetterebbe di digerire il glutine riuscendo ad inibire la risposta immune da cellule T glutine specifiche. Alcuni studi clinici hanno usato enzimi derivati da altre specie microbiche che sono stati clonati e somministrati per via orale. Una combinazione di glutenasi denominata ALV003 è stata usata in due studi clinici ed ha mostrato di limitare i danni intestinali in pazienti con malattia celiaca che assumevano circa 2 g di glutine al giorno. Uno studio pilota ha mostrato che prodotti da forno con lievito naturale e uso di lattobacilli e proteasi fungine avevano un contenuto finale di glutine minore di 8 ppm ed erano sicuri per giovani celiaci. Altri hanno usato preparazioni di probiotici, una miscela di acido lattico e bifidobatteri, in studi preliminari mostrando efficace idrolisi dei peptidi della gliadina e miglioramento della barriera intestinale in un modello animale. Ma si tratta comunque di risultati da confermare con studi più ampi. Ad esempio il fatto che una lievitazione naturale e prolungata possa prevenire i danni dovuti ad assunzione di prodotti da forno è oggetto di vari studi non tutti con risultati positivi;
  • un altro approccio prevede la prevenzione del passaggio di molecole attraverso le giunzioni strette dell'epitelio intestinale. L'ipotesi è che nei celiaci queste giunzioni siano più lasse aumentando la permeabilità dell'intestino. Uno studio clinico di fase II completato ha utilizzato lazarotide acetato, un peptide antagonista di zonulina, proteina altamente espressa nella malattia celiaca che favorisce un aumento della permeabilità intestinale. La sostanza si è dimostrata sicura con alcuni miglioramenti sintomatici rispetto al placebo anche se non ha modificato la permeabilità intestinale;
  • altri metodi in studio comprendono l'inibizione della tranglutaminasi 2 o delle specifiche molecole HLA-DQ2 e/o DQB localizzate sulla superficie delle cellule presentanti antigene. Tra le ipotesi possibili: lo sviluppo di analoghi del peptide glutine che potrebbero bloccare HLA-DQ2 impedendo l'accesso ai siti di legame sulle cellule presentanti antigene;
  • infine l'induzione di immunotolleranza attraverso l'uso un vaccino peptidico che potrebbe promuovere tolleranza di alcune cellule della mucosa immunologicamente attive. Un primo vaccino denominato NexVax mostrava accettabile sicurezza e presenza di cellule anti-glutine in pazienti celiaci. Si tratta ancora di uno studio clinico di fase I.



Per approfondire:


Kaimal S, Thappa DM. Diet in dermatology: revisited. Indian J Dermatol Venereol Leprol. 2010;76:103-15.

Abenavoli L, Proietti I, Leggio L, et al.Cutaneous manifestations in celiac disease. World J Gastroenterol. 2006 ;12:843-52. Review.

Bonciolini V, Bianchi B, Del Bianco E, et al. Cutaneous Manifestations of Non-Celiac Gluten Sensitivity: Clinical Histological and Immunopathological Features. Nutrients. 2015;77798-805

Bonciolini V, Antiga E, Fabbri P, Caproni M. Skin manifestations of celiac disease: not always dermatitis herpetiformis. Int J Dermatol. 2014;53:e352-3.

Caproni M, Bonciolini V, D'Errico A, Antiga E, Fabbri P. Celiac disease and dermatologic manifestations: many skin clue to unfold gluten-sensitive enteropathy. Gastroenterol Res Pract. 2012; 2012: 952753.




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